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Prendersi cura di chi cura: gli interventi sulla famiglia del paziente con demenza

La famiglia in Italia costituisce la maggiore risorsa assistenziale per le persone con demenza. Considerate le carrieristiche di progressione e variabilità tipiche della demenza di Alzheimer, alla famiglia è richiesto un continuo sforzo di riorganizzazione: al variare delle condizioni cliniche, deve rispondere un aggiustamento dell’assistenza.

Le emozioni del caregiver di un familiare con demenza

Caregiver è un termine inglese che può essere tradotto come “colui che dà le cure”. Il caregiver é una persona che a titolo gratuito si occupa dell’assistenza di un famigliare. Gli stati d’animo esperiti dal caregiver cambiano al cambiare degli stadi della demnza. Quando ad un familiare viene diagnosticata una demenza, possono essere individuate diverse fasi ed ognuna di esse è connesse ad emozioni peculiari. Nello specifico, le fasi principali sono:

  • Esordio: nella fase di esordio della demenza di Alzheimer vi è lo sconcerto per la presa di coscienza dei cambiamenti che stanno avvenendo nel malato. La comunicazione della diagnosi viene spesso rifiutata perché troppo dura da metabolizzare. Il famigliare si chiederà: sarà la diagnosi giusta? È una malattia ereditaria? Cosa devo fare? La paura di una possibile trasmissione genetica è spesso presente.
  • Fase intermedia: in questa fase emergono sentimenti di ansia, rabbia e preoccupazione per dover gestire una situazione di grande responsabilità, in un ruolo che non si è abituati ad esercitare. In questa fase, le domande più comuni poste dal famigliare sono: esiste una cura miracolosa? Il malato mi comprende? Cosa posso fare per aiutarlo? In questa fase, il caregiver commette involontariamente errori: corregge i comportamenti alterati del malato in modo troppo diretto, provocando agitazione e aggressività; altre volte, interpreta questi comportamenti come diretti verso di lui e tende ad esercitare un controllo eccessivo o si sente offeso e poco considerato dal paziente; altre volte propone compiti troppo difficili per il malato mettendolo in crisi. Gli stati d’animo vissuti non sono facili da gestire, si osservano due poli opposti di comportamento: il caregiver che si sostituisce in tutto alla persona malata e il caregiver che minimizza i suoi deficit, esponendola a dei rischi. Alcuni si distaccano completamente dalla situazione, delegando ad altri la gestione del paziente; altri si lasciano sopraffare dal senso di colpa                  finendo per costruire la propria vita tutta attorno al malato.
  • Fase finale: quando il paziente con demenza è totalmente dipendente, bisogna garantirgli assistenza continuativa. Rimane necessario trasmettere sensazione di presenza e di accudimento, mantenendo una relazione empatica. In questa fase, il caregiver ha bisogno di sostegno per prepararsi al distacco da una persona e da una situazione che hanno riempito la sua vita fino a quel momento.

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di una condizione, associata al ruolo di assistenza, definita burden del cargiver, una forma di stress che tende a cronicizzarsi quanto più è lunga la situazione di accudimento. I sintomi maggiormente presenti sono: flessioni dell’umore, problemi di attenzione e concentrazione, difficoltà a ricordare, ansia, preoccupazione persistente e disturbi del sonno.

E´importante non sottovalutare il carico emotivo associato alla cura di una persona malata. Bisogna trovare un equilibrio tra le responsabilità che abbiamo verso gli altri e quelle che abbiamo verso noi stessi.

 

Gli interventi per promuovere il benessere del caregiver

Esistono interventi specifici volti a sostenere i caregiver e a migliorare la loro qualità di vita:

  • Interventi psicosociali: in particolare interventi psicoeducativi volti a conoscere la malattia é la base per una gestione efficace della stessa. Durante gli incontri, si parla delle proprie difficoltà, si apprendono nozioni sulla malattia, si imparano strategie per gestire il paziente, si acquisisce consapevolezza sulla malattia e si impara ad accettare la situazione.
  • Percorsi di sostegno psicologico: il caregiver deve prendersi cura di sé, un caregiver frustrato diventa inefficace e dannoso sia per se stesso sia per la persona che assiste. Percorsi di sostegno psicologico permettono di individuare percezioni, sentimenti e bisogni maladattivi, per sviluppare una maggior consapevolezza del proprio vissuto emotivo, dandogli nuovi significati.