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Fermare la mente che vaga

Vi è mai capitato di leggere alcuni paragrafi di un libro e rendervi conto di non aver compreso il significato di un testo? Oppure di dirigervi verso una stanza della vostra casa e non ricordare perché vi ci eravate recati? Non preoccupatevi, questo fenomeno accade ad ognuno di noi ed ha un nome preciso: mind wandering (mente vagante).

Con il termine mind wandering si intende lo spostamento di attenzione dall’attività in cui si è immersi a sensazioni interne o pensieri e preoccupazione personali. I pensieri che attraversano in maniera automatica la nostra mente possono essere di diversa entità: da un lato troviamo il piacevole fantasticare ad occhi aperti, dall’altro lato, invece, troviamo i pensieri intrusivi che possono provocare fastidio ed irritazione.

Questo fenomeno, quindi, si suddivide in due categorie:

  1. mind wandering intenzionale: caratterizzato da una valenza positiva quale, ad esempio, quella di favorire il processo creativo di fronte compiti difficoltosi. In questi casi lasciar vagare la mente è proficuo perché favorisce la capacità di trovare soluzioni alternative di fronte ad un problema;
  2. mind wandering non intenzionale: caratterizzato da pensieri intrusivi negativi, che quando si presentano influiscono negativamente sul benessere della persona. Questa tipologia di pensiero vagante è più frequente in periodi stress, stanchezza, a seguito dell’assunzione di alcool e nelle persone tristi e depresse. Nelle forme più gravi, esso prende la connotazione di rimuginio ansioso, impedendo alla persona che ne soffre di focalizzare l’attenzione sul qui ed ora.

Nella gestione della “mente vagante” risulta fondamentale il ruolo dell’autoregolamentazione. L’intensità e la frequenza dei pensieri intrusivi, infatti, può essere diminuita attraverso l’applicazione di un insieme di principi di diversi approcci racchiusi sotto il nome di Acceptance and Commitment Therapy (ACT).

L’ACT si basa su due aspetti fondamentali: insegnare ad accettare, accogliere, osservare la realtà interna (Acceptance) anziché controbatterla e rifiutarla, e impegnarsi nell’azione coerentemente con i propri valori ed obiettivi personali (Commitment), invece di evitare i problemi o attuare comportamenti impulsivi.

La sofferenza mentale è spesso dovuta a significati “arbitrari” (cioè non collegati a esperienze dirette) che le persone danno degli eventi e da paure più o meno consapevoli. Attraverso l’applicazione dell’ACT è possibile dapprima diminuire l’intensità emotiva (dolore psicologico) di questi pensieri negativi e poi accettarli, in modo che diventino “innocui”, migliorando il benessere personale.